Malacarne

La mafia come non l’ha mai raccontata nessuno prima. Un’epopea di orrori e sacrilegi nel racconto fiume di un killer senza nome e volto che scorre inesorabile e impetuoso verso l’esplosione finale per lasciare spazio al silenzio attonito delle coscienze. A trent’anni dalle stragi di Cosa Nostra che hanno cambiato il volto dell’Italia.

Malacarne è stato pubblicato per la prima volta venticinque anni fa, e rimane, ancora oggi, un romanzo fulminante. Con la fredda lucidità di un esame radiografico attraversa storie riconoscibili, personaggi familiari, per rivelare il corpo tumefatto, malato delle nostre società. Sembrano mutati i sintomi ma la patologia è la stessa. Stupisce la scrittura fluviale, lingua magmatica che prende in ostaggio, trascinando il lettore in un’avventura senza tregua, senza fiato, dove si fondono e si confondono poesia e trivialità, fantascienza e mattinali della questura, fumetto e verismo, ironia e disperazione, delirio e verità della condizione umana nel Meridione: «il nostro mondo preistorico nel cuore della modernità» dove la vita segue «il destino naturale di morte violenta». È la visionaria confessione – a tratti profetica – di un sicario che vittima dopo vittima, massacro dopo massacro, ricostruisce l’epopea raccapricciante e prodigiosa della città senza nome, forse Palermo: dalla centenaria marginalità dei quartieri popolari alla centralità miliardaria del traffico internazionale di stupefacenti. Protagonisti, la voce di un killer che conosce il prima e il dopo, il suo giudice muto e la violenza: unica forma di comunicazione, esclusiva rappresentazione del mondo. Nella spirale della ricchezza ottenuta con le pallottole i criminali hanno movenze settecentesche e le esecuzioni vengono decise con i numeri della tombola di Natale. Tra vicoli e mercati, tra piazze e lungomare, tra sgabuzzini della latitanza e camere della morte, carnefici e vittime s’inseguono in un girotondo macabro e surreale: un grottesco girone infernale dove Dio non riesce a trovare le anime di chi è stato sciolto nell’acido. Nella postfazione originale che arricchisce questa edizione, Giosuè Calaciura torna indietro con la memoria all’esperienza che è stata l’origine di questo libro e – forse – della sua scrittura.


Giosuè Calaciura è nato a Palermo nel 1960.
È scrittore e giornalista. Nel 1998 ha pubblicato il suo primo romanzo Malacarne (Baldini & Castoldi, riedito nel 2022 da Sellerio), seguito da Sgobbo (Baldini & Castoldi Dalai, 2002, Premio Selezione Campiello 2002), La figlia perduta. La favola dello Slum (Bompiani, 2005), Urbi et Orbi (Baldini & Castoldi Dalai, 2006), l’antologia di racconti Bambini e altri animali (Sellerio, 2013), Pantelleria (Laterza, 2016), Borgo Vecchio (Sellerio, 2017) Premio Marco Polo Venise 2019 per il miglior romanzo italiano tradotto in Francia e Prix Mediterranée 2020, Il tram di Natale (Sellerio, 2018) Premio Presidi del Libro «Alessandro Leogrande» 2019, Io sono Gesù (Sellerio, 2021) Premio Alvaro Bigiaretti 2022. Il suo ultimo romanzo è Una notte (Sellerio, 2022).

È autore di radiodrammi e della trasmissione Fahrenheit di Rai Radiotre. Collabora con riviste e giornali.

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