Davide Enia 

Drammaturgo, attore, regista e romanziere.

I suoi spettacoli sono Italia-Brasile 3 a 2 (2002), Scanna (2003), maggio ’43 (2004), I capitoli dell’infanzia (2007), L’abisso (2018).
Ha vinto il Premio Tondelli al Premio Riccione (2003), il premio Ubu speciale (2003), Premio Hystrio (2005), il Premio E.T.I. (2005), il premio Vittorio Mezzogiorno (2006) e il Premio Gassman (2006).
Per RaiRadio2 scrive e interpreta il radiodramma Rembò (2006).
Nel 2012 pubblica il primo romanzo, Così in Terra (Baldini & Castoldi Dalai), tradotto e pubblicato in tutto il mondo, la cui edizione francese, Sur cette terre comme au ciel (Albin Michel) vince nel 2016 il Prix du Premier Roman Etranger e il Prix Brignoles come miglior romanzo straniero dell’anno. Così in terra viene ripubblicato nel 2023 da Sellerio.
Nel 2017 dirige al Teatro Massimo di Palermo L’oca del Cairo, opera incompleta di Mozart.
Il secondo romanzo è Appunti per un naufragio (Sellerio, 2017), pubblicato in Francia, Stati Uniti, Germania, Spagna, che si aggiudica il Premio Letterario Internazionale Mondello, il Super Mondello e il Mondello Giovani (2018).
Dal romanzo è tratto lo spettacolo L’Abisso (2018), premio Hystrio Twister come miglior spettacolo dell’anno, premio Le Maschere del Teatro come Miglior interprete di monologo, premio Ubu per il Nuovo testo italiano o scrittura drammaturgica.
Nel 2023 va in scena Eleusi con la produzione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.


Sicilia. The passenger.

Appunti per un naufragio

Così in terra

Guardando una cartina, un’isola ci dà l’illusione di essere un piccolo mondo a sé. Con i suoi confini ben delineati sembra contenere una società impermeabile al passare del tempo e delle stagioni, più immediata da decifrare perché al riparo dalla mutevole complessità del mondo. Ma si tratta di una mistificazione, a maggior ragione se – come la Sicilia – vive al riparo di uno degli immaginari più prepotenti e inscalfibili che un luogo tanto piccolo sia mai riuscito a creare. Dietro l’isola «costruita e ricostruita dai libri, dai film, dai quadri, dalla fotografia in bianco e nero» oggi ce n’è una nuova, nascosta, ma non per questo meno reale. Quella urbana e metropolitana, quella degli sbarchi, quella del vino e della frutta tropicale. Una Sicilia a volte invisibile come i veleni che il secondo polo petrolchimico d’Europa scarica nel mare e nell’aria. Come i migranti in arrivo a Lampedusa, tenuti a distanza dalle traiettorie dei turisti e dei locali. Come i flussi di popolazione in uscita che le danno il triste primato tra le regioni italiane per emigrazione. Un luogo dove gli estremi convivono, come i quartieri del centro a Palermo, dove vibra la capitale della cultura e vegeta la città invisibile del crack. La Sicilia dove i cambiamenti climatici trasformano il paesaggio agricolo sempre più a rischio di allagamenti e desertificazione, e qualcuno ne approfitta per sostituire la vite con il caffè e l’avocado. Lungi dal provare a spiegarla, le pagine che seguono raccolgono cartoline da questa nuova Sicilia. Sono immagini sfuocate, perché il soggetto è in grande movimento. Perché anche la Sicilia si muove e, sì, cambia.

In questo romanzo autobiografico ambientato a Lampedusa, Davide Enia racconta in forma corale diversi naufragi. Il primo è quello di chi, solcando la superficie della morte, attraversa il Mar Mediterraneo in condizioni al di là di ogni immaginazione. Speculare a questo è il naufragio di chi li accoglie, sul confine di un’epoca e di un continente. Nel mezzo c’è l’autore stesso, il rapporto con il proprio padre, con la scoperta di ciò che accade davvero in mare e in terra, con il naufragio delle parole che si inabissano nel tentativo di raccontare la complessità del presente. A partire da una forte esperienza, dal toccare con mano la disumana tragedia degli sbarchi, Enia dà voce ai volontari, agli amici d’infanzia, alle testimonianze dei ragazzi che approdano miracolosamente sull’isola. E mette a nudo le conseguenze emotive di questa realtà toccante e sconcertante, soprattutto nel rapporto con il padre, medico da poco in pensione, che accetta di fare con lui questo viaggio. Ritrovarsi assieme a testimoniare il dolore collettivo e quello privato della malattia dello zio forgia un nuovo e inedito dialogo, reinventa un rapporto, sostituisce con le parole il silenzio del passato.
«Ho frequentato Lampedusa per anni. Ho visto sbarcarvi qualche migliaio di persone, ho incontrato il personale medico e gli uomini della Guardia Costiera, ho mangiato a casa dei residenti, sono uscito in barca con i pescatori, ho ascoltato ragazzi sopravvissuti alla traversata e ho dialogato con i testimoni diretti». In Appunti per un naufragio pulsa la vera storia di persone diverse, accomunate dall’esperienza diretta della fragilità della vita, che come una rivelazione impone una riscrittura della propria esistenza e spinge ognuno verso un nuovo approdo, verso l’ascolto e la scoperta dell’altro.
Un padre e un figlio guardano la storia svolgersi davanti a loro, nel mare di Lampedusa. «Appunti per un naufragio è un romanzo. Racconta ciò che sta accadendo nel Mediterraneo – le traversate, i soccorsi, gli approdi, le morti -, parla del rapporto tra me e mio padre e affronta la malattia di mio zio, suo fratello».

Davidù è cresciuto a Palermo in una famiglia di pugili, accudito dalla madre Zina, dalla nonna Provvidenza, dal nonno Rosario e dallo zio Umbertino. Il padre, morto prima della sua nascita, era detto il Paladino, uno spettacolo sul ring, elegante, composto, preciso, agile, con un’armatura tra sé e il mondo a proteggerlo nei combattimenti quanto nella vita.

Trascorre le sue giornate in una Palermo degli anni ’80, Davidù, sporca, violenta, dove la mafia ammazza per le strade e devi imparare ad arrangiarti e a difenderti, altrimenti fai la fine di Gerruso, il ragazzino costretto a subire l’arroganza dei più prepotenti. A risse e sparatorie si alternano momenti teneri: l’amore per Nina e i racconti del passato di nonna Provvidenza. A soli nove anni Davide inizia il suo percorso da pugile. Il Poeta lo chiamano, seguito dal maestro Franco nella palestra dello zio Umbertino, pugile anche lui dalla forza micidiale, capace di eccessi fisici e verbali, eppure spassoso e di una umanità profonda, quasi dolcissima, che si contrappone alla sua irruenza. È lui il guardiano della storia del nipote e, insieme ai nonni, custode delle memorie famigliari che attraversano le vicende di Palermo e d’Italia: dalla guerra in Africa combattuta dal nonno Rosario, alle bombe che sventrano la città negli anni della Seconda guerra mondiale e poi a quelle più recenti delle stragi mafiose del ’92 che ne cambiano il volto per sempre.

Da storia di famiglia a storia universale, con un filo narrativo che corre indietro e avanti nel tempo, così come la danza del pugile sul ring, un romanzo che si legge d’un fiato in grado di toccare le corde più intime e muovere al sorriso così come al pianto, mentre dosa, in un linguaggio composto e scomposto nello stesso tempo, comico e tragico, crudo realismo e astrazione onirica.

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